ENEA, la forza silenziosa di chi non si arrende

Daniela Devecchi - Ottobre 15, 2025

Ci sono realtà che nascono da un progetto, e altre da una ferita.

ENEA – European Neuroblastoma Association – appartiene alla seconda categoria. È nata nel 2014, quando alcuni genitori si sono trovati davanti a una diagnosi che nessuno vorrebbe sentire: neuroblastoma. Un tumore raro, aggressivo, che colpisce i bambini più piccoli.

Da quel momento qualcosa è cambiato. La paura, invece di chiuderli, li ha messi in movimento. Hanno deciso di capire, di unirsi, di costruire una rete che oggi abbraccia laboratori, ospedali, ricercatori e famiglie.

Capire il male, per affrontarlo davvero

Il neuroblastoma non è solo una parola lunga e difficile. È una malattia che entra di colpo nella vita e la sconvolge.
Quando arriva la diagnosi, il tempo sembra fermarsi. Le famiglie si ritrovano a inseguire informazioni, spesso confuse o incomplete. ENEA parte proprio da lì, dal bisogno di chiarezza.

Spiega, accompagna, traduce il linguaggio della medicina in parole umane. Perché sapere – anche solo un po’ – aiuta a respirare. E quando capisci, inizi a reagire.

Dalla teoria alla pratica, nei laboratori

Col tempo, l’associazione ha iniziato a sostenere la ricerca, non in modo simbolico ma concreto.
A Firenze, al Meyer, si lavora per fermare la crescita del tumore studiando recettori specifici. A Roma, al Gemelli, un gruppo di medici prova a ridurre gli interventi chirurgici nei neonati, riservandoli solo ai casi necessari.

E poi ci sono le collaborazioni con l’Università di Lund, in Svezia. Lì si sperimenta un approccio curioso: usare farmaci nati per altri scopi – perfino antipsicotici – per provare a contrastare il neuroblastoma.
A volte la scienza si muove così, con deviazioni improvvise che aprono nuove strade.

L’Italia come mappa, non come distanza

ENEA non è un nome senza volto. È fatta di persone, sparse da Nord a Sud.
In ogni regione c’è qualcuno che risponde, che ascolta. Non si tratta di call center o moduli online, ma di genitori, volontari, amici che sanno di cosa si parla.
È questo, forse, il vero segreto della rete: l’umanità che tiene insieme le storie.

Chi chiama non cerca solo un’informazione. Cerca una voce che capisca la sua paura.

Una ricerca che vive di gesti

Le attività di ENEA camminano grazie alla generosità di chi sceglie di esserci.
Gran parte dei fondi arriva dalle campagne solidali: i doni di Natale e le Uova di Pasqua, diventati negli anni due appuntamenti simbolici di sostegno e speranza.
A volte, durante l’estate, si aggiunge qualche concerto o iniziativa locale, ma è la solidarietà stagionale a permettere alla ricerca di andare avanti.

Ogni contributo – piccolo o grande – diventa un esperimento, un nuovo test, un passo in più verso la comprensione del neuroblastoma.
Perché la scienza, spesso, si muove grazie a gesti silenziosi che si sommano.

Le luci e i punti da rafforzare

Guardando da fuori, ENEA colpisce per serietà e trasparenza.
I progetti ci sono, le collaborazioni pure, i risultati si possono seguire.
Come ogni realtà che cresce, ci sono aspetti su cui si lavora con attenzione e discrezione, soprattutto nel raccontare le testimonianze più delicate.
È un cammino che richiede sensibilità, tempo e rispetto – valori che, da sempre, fanno parte del modo in cui ENEA sceglie di comunicare.

Una comunità che resiste

In fondo, ENEA è la storia di una resistenza.
Persone comuni che si sono trovate davanti all’impossibile e hanno scelto di non girarsi dall’altra parte.
Non gridano, non fanno proclami. Agiscono. Con discrezione, ma con una costanza che si sente anche a distanza.

È una rete che tiene insieme la scienza e la vita quotidiana, che mette in dialogo chi cura e chi aspetta, chi spera e chi non può più.
E forse è questo, alla fine, il messaggio più autentico: che la speranza non si promette, si costruisce. Piano, insieme, un giorno alla volta.

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